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Cod Art 0360 | Rev 00 | Data 22 Dic 2010 | Autore Pierfederici Giovanni

 

LA RIDUZIONE DEGLI SQUALI NEL MEDITERRANEO

Un tempo la carne di squalo era poco apprezzata. Sui mercati il valore commerciale di un palombo era modestissimo e ricordo ancora quando gli esemplari catturati venivano spesso regalati o gettati in mare. I vecchi pescatori evocano ancora le verdesche che un tempo popolavano numerose l'Adriatico, e che spesso erano avvistate poco lontano dalle reti, senza mai mostrarsi aggressive.
Molto comuni in Adriatico anche gli squali bianchi che seguivano i banchi di tonni, durante il periodo delle migrazioni.
Tutto questo ora fa parte di un lontano passato. Tutto è cambiato. Le metodiche e le tecniche di pesca, il mercato, la tecnologia, l'etica stessa della pesca.
E ovviamente sorpendono alcune notizie come quella del settembre scorso, quando nelle acque del Canale di Sicilia alcuni pescatori hanno catturato per errore una femmina di squalo bianco di pochi mesi. L'esemplare è poi finito sui banchi dei laboratori dell'ISPRA.
"Il fatto che questo squalo bianco avesse solo pochi mesi – spiega il ricercatore dell'Ispra Massimiliano Bottaro – rafforza la nostra ipotesi: che le femmine abbiano scelto il canale di Sicilia come luogo ideale per far nascere i loro piccoli”. Una buona notizia. Adesso però arriva la parte più difficile: ripopolare il Mediterraneo con questi predatori. Come dimostra la cattura della squaletta nel mare di Sicilia, la pesca a strascico è molto pericolosa per questi animali, che nuotano spesso sul fondale.

Ma il Mediterraneo era la culla di circa 50 specie diverse di squali, molte delle quali, oggi, dichiarate ecologicamente estinte. Questo non significa che sono scomparse completamente, ma significa che il loro ruolo ecologico è compromesso. E se si continua su questa strada finiranno con l'estinguersi davvero.

Ma cerchiamo di capire le cause del declino delle popolazioni di squali che vivono nel Mare Nostrum.

La pesca: nel bacino del Mediterraneo la popolazione è notevolmente aumentata ed è aumentata di conseguenza la domanda di prodotti ittici. Da qui l'esigenza e il bisogno di cattrare più pesce. La pesca di conseguenza si è fatta anche meno selettiva, il che ha determinato l'aumento delle quote di bycatch (catture accidentali), che nel caso degli squali ammonta a circa il 50%. Il che significa che metà degli squali catturati finiscono nelle reti o negli ami dei pescatori in modo accidentale.
Gli attrezzi più distruttivi, non solo nel Mediterraneo ma in tutto il mondo sono i palangari, lunghi sino a 70 Km e "armati" anche con 1.500 ami, utilizzati per la cattura dei tonni e dei pesci spada. In particolare specie pelagiche quali la verdesca (Prionace glauca) e lo squalo mako (Isurus oxyrinchus) sono fortemente colpite da questo tipo di pesca.
Altri attrezzi da pesca letali per gli squali sono i palangari di fondo, le reti da posta e i tramagli. Questi, e qui parliamo dell'altro 50% delle catture, sono invece utilizzati per la pesca voluta degli squali, che rappresentano oggi una fonte alternativa di reddito ricercata, anche a causa della diminuzione generale delle altre specie ittiche.
In generale, e pochi lo sanno, la carne degli esemplari catturati è commercializzata come palombo, eccezion fatta per le specie Squalus acanthias e Scyliorhinus sp., solitamente vendute sotto i loro corretti nomi di spinarolo e gattuccio.
Questo significa che la maggior parte dei consumatori non sanno quello checomprano e non sanno quello che mangiano.
La carne è commercializzata fresca, affumicata, congelata e surgelata.
I maggiori produttori europei sono la Francia e la Spagna, mentre i maggiori importatori di carne di squalo sono l'Italia, che è in compagnia della Cina e della Spagna.

La biologia: i pesci cartilaginei sono diminuiti molto più rapidamente dei pesci ossei. Questo perchè, rispetto a questi ultimi, la biologia e il comportamento degli squali sono estremamente diversi. Lo squalo cresce lentamente, raggiunge tardivamente la maturità sessuale, la gestazione è lunga e il numero di piccoli è sempre relativamente basso. Inoltre molte specie non possono riprodursi regolarmente ogni anno.
Comune negli squali, la segregazione per taglia e per sesso, al fine di eliminare e ridurre notevolmente la predazione intraspecifica. Infatti in molte specie è comune il cannibalismo, per cui più esemplari si raggruppano appunto per taglia e per sesso. Dal punto di vista ecologico rende maggiormente vulnerabli praticamente tutte le specie di squali. Se si pesca in un'area di nursey, sono irrimedianùbilmente danneggiati tutti gli esemplari di una generazione, con risulti facili da immaginare.

Sovrasfruttamento delle prede degli squali: è noto che la maggioranza degli squali si nutre di specie ittiche di grande valore commerciale come sardine, tonni, sgombri, calamari, altri squali e razze. Le specie ipersfruttate dalla pesca (overfishing), tra i numerosi esempi ricordiamo il caso del tonno rosso, portano al collasso dell'intera rete alimentare nell'ambiente marino. E ovviamente i top predators come gli squali soffrono maggiormente, vengono a mancare le loro prede abituali, per cui le popolazioni non possono essere sostenute dal punto di vista trofico.

Pesca sportiva: di fatto quasi tutte le specie di squali che si registrano nel Mare Nostrum sono catturate anche dai pescatori sportivi. Ricordiamo ancora che la pesca sportiva in Adriatico ha portato le verdesche sull'orlo dell'estinzione, poiché l'Adriatico era l'area di nursey per eccellenza della specie.
I pescatori dilettanti hanno ucciso per molti anni un gran numero di verdesche giovani e adirittura appena nate. In questo caso il problema principale è che in regioni come le Marche, la Romagna e l'Abruzzo, nel caso specifico, non esiste la "cultura" della pesca sportiva. Ricordiamo per esempio il Trofeo Mochi Craft che si teneva a Pesaro il mese di giugno. Ebbene la maggioranza degli esemplari catturati erano tutti troppo piccoli, ancora lontani dall'età riproduttiva. E non può che venir in mente la regola aurea di Plutarco, in cui "lo sport deve essere occasione di gioia per entrambe le parti". Tale regola ovviamente è sempre disattesa, con poche eccezioni, che contemplano la grazia della vita al pesce catturato. La liberazione di un pesce è la massima espressione della sportività e dell'etica della pesca.
Ricordiamo che l'ambita preda, dopo la cattura e la foto di rito, finisce quasi sempre nella spazzatura.

Verdesche trofeo Mochi Craft
Sopra, vecchia immagine del Trofeo Mochi Craft che si svolgeva a Pesaro nel mese di giugno. Da rilevare che nessun esemplare è sessualmente maturo, e proprio per questo che i pescatori sportivi dell'Adriatico hanno sterminato le verdesche.

Inquinamento: il degrado dell'habitat marino, la crescente pressione antropica sulle sponde del Mediterraneo non hanno certo giovato agli squali. Essendo predatori apicali, accumulano una gran quantità di sostanze tossiche, che compromettono la loro fisiologia e la loro salute, rendendoli maggiormente vulnerabili nei confronti degli altri stressori ambientali.

Mancanza di dati: poiché le catture di squali in Mediterraneo non sono registrate, è impossibile sapere l'ammontare totale delle stesse, per cui risulta difficile mettere in pratica reali strumenti di gestione delle popolazioni.
La FAO afferma che le catture in tutto il mondo ammonterebbero a circa 820.000 tonnellate, ma il condizionale è d'obbligo poichè l'intera comunità scientifica considera tale cifra una sottostima delle catture effettive. E nessuno conosce l'ammontare degli esemplari depinnati (finning) che poi sono rigettati ancora vivi in mare.

LE SPECIE MAGGIORMENTE MINACCIATE IN MEDITERRANEO

Le specie che dovrebbero necessitare di protezione totale sono 13, ovvero il ronco spinoso (Echinorhinus brucus), pesce porco (Oxynotus centrina), lemargo (Somniosus rostratus), notidano dagli occhi grandi (Hexanchus nakamurai), pesce angelo aculeato (Squatina aculeata), pesce angelo ocellato (Squatina oculata), pesce angelo comune (Squatina squatina), squalo toro (Carcharias taurus), cagnaccio (Odontaspis ferox), squalo bianco (Carcharodon carcharias), smeriglio (Lamna nasus), squalo grigio (Carcharhinus plumbeus) e pesce martello comune (Sphyrna zygaena).

Le specie per le quali occorre regolamentarne la cattura sono lo spinarolo (Squalus acanthias), squalo mako dalle pinne corte (Isurus oxyrinchus), cagnesca (Galeorhinus galeus), palombo liscio (Mustelus mustelus), palombo stellato (Mustelus asterias) e la verdesca (Prionace glauca). Attualmente solo il cetorino (Cetorhinus maximus) e lo squalo bianco (Carcharodon carcharias) sono protette in pochi Paesi Mediterranei.

BIBLIOGRAFIA

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